La romana di Alberto Moravia

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Biografia dell’autore

Alberto Moravia esordì giovanissimo pubblicando, a sue spese, il primo romanzo, Gli indifferenti(1929). Penetrante e spietato ritratto della borghesia italiana agli inizi del fascismo, l’opera rivelò immediatamente, nella incisività di una prosa secca e analitica, la maturità di uno scrittore capace fin da allora di far tesoro delle diverse lezioni dei grandi modelli europei, dalla oggettività di De Foe alla problematicità dei romanzieri russi (specie Dostoevskij), al realismo tipologico dei francesi dell’Ottocento. Il romanzo, accolto con ostilità dalla cultura fascista che ne proibì la diffusione, fu salutato con entusiasmo solo da pochi critici accorti (Borgese, Pancrazi, Solmi).
Moravia cominciò poi a collaborare a riviste e quotidiani, e scrisse un secondo ampio romanzo, Le ambizioni sbagliate (1935), la cui resa analitica, delle psicologie e delle ideologie, è meno felice, se non velleitaria. Colpito dalle leggi razziali, Moravia fu costretto a firmare i propri articoli con uno pseudonimo, ma continuò a pubblicare racconti (L’imbroglio, 1937; I sogni del pigro, 1940); la satira grottesca di un dittatore sudamericano, La mascherata (1941), fu censurata alla seconda edizione.
Del 1944 è il romanzo breve Agostino, prova esemplare di analisi dei turbamenti di un adolescente alla rivelazione della sessualità. Segue il pamphlet La speranza, ossia cristianesimo e comunismo (1945), che testimonia di un primo approccio alle tematiche marxiste. La successiva produzione narrativa è intensissima: escono La romana (1947), La disubbidienza (1948), L’amore coniugale e altri racconti (1949), Il conformista (1951), Il disprezzo (1954), Racconti romani (1954), La ciociara (1957), Nuovi racconti romani (1959). Al 1958 risalgono i primi testi teatrali, con la riduzione della Mascherata e con Beatrice Cenci. Nel 1953 Moravia fonda «Nuovi Argomenti», con A. Carocci, e inizia la propria collaborazione al «Corriere della sera» con racconti e reportages. Questi ultimi saranno via via raccolti in diversi volumi (Un mese in URSS, 1958; Una idea dell’India, 1962; La rivoluzione culturale in Cina, 1968; A quale tribù appartieni?, 1972; Lettere dal Sahara, 1981). Dal 1955 svolge anche attività di critico cinematografico per il settimanale «L’Espresso» (una raccolta di cronache è apparsa col titolo Al cinema, 1975). Nel 1960 La noia (premio Viareggio) ripete il successo dei primi romanzi; seguono opere di impegno diseguale, in cui però il registro narrativo di Moravia si arricchisce di forme nuove, ora riecheggiando modalità del romanzo sperimentale (soprattutto dell’école du regard), ora approfondendo temi psicoanalitici, con particolare richiamo alle problematiche reichiane sulla sessualità: L’attenzione(1965), Il paradiso (1970), Io e lui (1971), Boh (1976), La vita interiore (1978), 1934 (1982), La cosa (1983), L’uomo che guarda (1985), Viaggio a Roma (1988), Palocco (1990). A questa produzione narrativa si accompagnano ancora lavori drammatici (Il dio Kurt, 1968; La vita è gioco, 1969) e saggi (da ricordare il volume L’uomo come fine e altri saggi, 1963; e le riflessioni sul proprio engagement in Impegno controvoglia, 1981). È stato anche deputato al parlamento europeo (dalla cui esperienza è nato il Diario europeo, postumo, 1993). Postumi sono usciti anche l’Autobiografia(1990, con A. Elkann) e La donna leopardo (1991).
Il personaggio dello scrittore e dell’intellettuale militante, disponibile a intervenire in campi diversi, in nome di una passione civile e di una curiosità culturale rimaste intatte attraverso decenni, rende Moravia esemplare di un «impegno» teso costantemente alla razionalità. I diversi modelli letterari che ha frequentato nella sua lunga carriera di narratore, tendenzialmente concentrati attorno al registro del realismo, gli hanno suggerito ampie indagini sulle metodologie e patologie delle classi sociali (privilegiata, in questo, l’alta e media borghesia). Nelle opere più tarde la sua prosa scarna (talora fino all’aridità) appare orientata ad amplificare le strutture dialogiche, quasi ad accentuare e variare – nel senso di una confessione psicoanalitica – il monologo interiore, tipico della grande narrativa novecentesca. Il sesso diviene il filtro per vagliare i rapporti tra individuo e società, tra es e super-io, e indica anche la fedeltà a una tematica marxista e freudiana che Moravia mostrò di aggiornare con le più recenti ideologie della trasgressione, nel «politico» e nel «privato» (psicoanalisi selvaggia, femminismo ecc.).
(da Garzantine Letteratura)

Recensione

Incipit

Di Moravia conoscevo in parte la sua storia e la sua letteratura ma non ho mai letto, prima d’ora, un suo romanzo.

Quando il mio amico mi ha consigliato di leggere La romana, da amante della lettura, non ho potuto fare altro che accettare.

Trama

Magistrale interprete della donna, Moravia ci consegna, in questo romanzo del ’47, uno straordinario carattere femminile. Ambientato a Roma al tempo della guerra d’Etiopia, il libro è la storia di una modernissima Moll Flanders, ed è felicissimo per rigore e tenerezza, per impasto di passione, d’amore e di aspra consapevolezza storica. “Con La romana,” scrive Moravia, “ho voluto creare la figura di una donna piena di contraddizioni e di errori e, ciononostante, capace per forza ingenua di vitalità e slancio di affetto, di superare queste contraddizioni e rimediare a questi errori, e giungere ad una chiaroveggenza e ad un equilibrio che ai più intelligenti e ai più dotati spesso sono negati.”

Cosa mi è piaciuto

La Romana di Alberto Moravia è un romanzo raccontato in prima persona dalla protagonista, come avrete certamente imparato, questo è un aspetto che apprezzo molto in un romanzo.

Non tocca certamente a me riconoscere la bravura di Moravia come scrittore. Anche se qualche aspetto non mi è piaciuto, si tratta comunque di piccolezze, ne parlerò meglio nella sezione successiva di questa recensione.

Come ho accennato pocanzi la protagonista racconta la sua storia in prima persona come una sorta di diario. Nel romanzo sono interessanti soprattutto le riflessioni della protagonista che, con una perspicacia degna di pochi, sviscera gli aspetti più profondi dell’animo umano. Adriana è saggia perché riesce a capire e quindi a perdonare le debolezze degli altri:

“Non volevo assolutamente odiarlo perché pensavo che, in tal caso, al danno del tradimento avrei aggiunto quello, forse peggiore, di ingombrarmi l’animo di una passione sgradevole e indegna di me…”

Questo libro di Moravia, infatti, è in grado di elevare la consapevolezza del lettore, descrivendo approfonditamente la psicologia umana e le sue debolezze, come quella del culto al dio denaro che ci spinge a fare tutto, a costo di rimetterci la dignità e non solo pensando, erroneamente, che i soldi siano l’unica felicità.

Cosa non mi è piaciuto

Ecco qui è arrivato il momento di dirvi cosa non mi è piacito di questo romanzo, come ho detto prima si tratta di una frivolezza.

Non mi è piaciuto l’aggiunta di descrizioni e/o avvenimenti senza una vera giustificazione, quasi a voler allungare la storia.

Questo aspetto ha portato al mio giudizio finale di 4/5

Le mie considerazioni e valutazioni finali

Tirando le somme comunque mi reputo felice di aver accettato il consiglio del mio amico.

Consigliato a chi vuole farsi un’idea di come si viveva in Italia in quel periodo storico e anche per riflettere sui di noi e sul fatto che sono passati 75 anni e non è cambiato nulla. Libro molto attuale.

A questo punto non mi resta che augurarvi… buona lettura!

/ 5
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